Il super potere del giornalismo (ieri e oggi)

Il racconto dei fatti li rende reali. Il racconto di ciò che accade intorno a noi ci permette di comprendere il mondo, quale sia il nostro ruolo all’interno di esso e in che modo possiamo guardare al futuro.

Il giornalista ha una grande responsabilità in tutto questo, perché attraverso il suo racconto i fatti acquistano significato e si intrecciano ai racconti personali dei lettori.
Indipendentemente dal media utilizzato per diffondere il racconto, il modo in cui vengono presentati i fatti fornisce chiavi di lettura diverse della realtà. Chiavi che influenzano inevitabilmente l’opinione pubblica e possono far cambiare sentimenti e convinzioni alle persone, nonché aprire o chiudere porte di numerosi scenari possibili.

È il potere del giornalismo: la capacità di influire sul sentire e le decisioni prese dai lettori attraverso il racconto. Come ormai tutti sappiamo, però, “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità” e, pertanto, il giornalista onesto dovrà lavorare rispettando l’etica propria della sua professione, non dovrà alterare la realtà dei fatti e dovrà avere grande cura delle parole che andrà ad utilizzare.

Chi è il giornalista


Giornalista è la persona che “per professione, scrive per i giornali, e chi collabora, come redattore, alla compilazione di un giornale”, questa è la definizione secondo Treccani. In una accezione più ampia il giornalista lavora, oltre che con i giornali, con agenzie di stampa, e altri servizi di informazione come radio, televisioni, web e social media dell’informazione.

Sempre secondo Treccani, un giornalista, per definizione, si occupa “di ogni argomento che reputi meritevole di divulgazione”. Gli argomenti meritevoli sono tantissimi e in continua evoluzione, infatti, esistono tante categorie di giornalismo quanti sono gli argomenti fin qui narrati sui giornali e gli altri media.

È giornalista solo chi è iscritto all’Ordine?


Non sempre.

Se è vero che l’ordine dei giornalisti serve come sovrastruttura utile a riunire, sotto medesime regole di condotta e medesime tutele, lavoratori impegnati, come da definizione, su ogni argomento degno di divulgazione, è altresì vero che per poter essere iscritti occorre rispondere ad alcuni requisiti, come dover scrivere un certo numero di articoli, in un dato lasso di tempo, per un giornale o rivista, che siano stati regolarmente remunerati. In un mondo ideale sarebbe una regola a favore di tutti, ma nella realtà può essere difficile da attuare, soprattutto per chi è alle prime armi o per chi vuole occuparsi di argomenti ritenuti “scomodi”, ossia particolarmente ostici nei contenuti.

Così esistono giornalisti, non ufficialmente riconosciuti dall’ordine professionale, giornalisti “abusivi” come li definisce Claudio Fava, ma che con impegno e professionalità si occupano di portare alla luce fatti e situazioni meritevoli di divulgazione, spesso con mezzi propri e rischiando in prima persona quando i temi affrontati sono di natura particolarmente pericolosa, quali, ad esempio, le storie di mafia.

Il lavoro della giornalista Daphne Vella Caruana Galizia è un grande esempio per tutti. Per mezzo del suo blog personale, Daphne non ha rinunciato a mettere in evidenza ciò che secondo lei andava denunciato, cioè il coinvolgimento di alcuni politici maltesi nei Panama Papers. Una vera giornalista d’inchiesta, uccisa con una bomba per ciò che stava denunciando attraverso i suoi articoli e che, con professionalità, riteneva essere meritevole di divulgazione.

Eppure, ci sono anche alcuni giornalisti “ufficiali” che come tali non si comportano, disattendendo l’etica della professione, alterando la realtà dei fatti e utilizzando, troppo spesso, parole inappropriate. Con il loro comportamento rovinano l’opinione del pubblico riguardo all’intera categoria. Quando la macchina dell’Ordine funziona bene, questi soggetti sono richiamati e, se perseveranti nell’errata condotta, espulsi, ma questo può non essere sufficiente a fermare la penna dannosa di tali soggetti.

Il buon giornalismo secondo Joseph Pulitzer


Il premio Pulitzer, il più famoso e importante riconoscimento in ambito giornalistico, fu istituito in memoria di Joseph Pulitzer e per sua volontà.

Joseph Pulitzer, nato ungherese e naturalizzato statunitense, visse a cavallo tra il 1800 e il 1900, fu famoso giornalista ed editore, colui che apportò un grande cambiamento nel modo di concepire, realizzare e insegnare il giornalismo moderno.

J.P. aveva le idee ben chiare su come dovesse essere la gestione di un giornale e la diffusione delle notizie. Parlando del suo giornale, il “World”, e in particolare dei suoi lettori, diceva:

“è mio dovere assicurarmi che abbiano la verità. Ma non solo: devo presentargliela brevemente, affinché la leggano; chiaramente, affinché la capiscano; efficacemente, affinché l’apprezzino; suggestivamente, affinché la ricordino; e, soprattutto, accuratamente, affinché possano essere guidati dalla sua luce.”

Tutti principi ancora attuali e perfettamente applicabili anche alla nostra era dei social media. Non solo, se nel 2020 siamo ancora alle prese con la piaga delle notizie false, meglio note oggi come fake news, il problema venne già affrontato, oltre 100 anni fa, dallo stesso Pulitzer.

Le Fake News secondo Joseph Pulitzer


L’accuratezza era una delle qualità più importanti per un giornale e le sue notizie secondo Joseph Pulitzer. Pur riconoscendo la possibilità di commettere errori, soprattutto riguardo alla cronaca, l’accuratezza era per lui sinonimo di integrità.

“Non è sufficiente astenersi dal pubblicare notizie false, non è abbastanza fare attenzione a evitare gli errori che possano nascere dall’ignoranza, la trascuratezza, la stupidità di uno o più dei molti uomini che maneggiano le notizie prima che vengano pubblicate. Bisogna fare molto di più; bisogna fare in modo che tutti coloro che hanno un qualche rapporto con la testata credano che l’accuratezza sia per un giornale ciò che la virtù è per una donna” – queste le parole del Pulitzer riguardo alle notizie false.

Ovviamente, il linguaggio e le figure da lui espresse sono figlie del suo tempo. È pur vero che l’accuratezza, intesa come la giusta rappresentazione di un fatto o la narrazione di un evento, dovrebbe essere curata in ogni dettaglio: una notizia deve essere maneggiata come qualcosa di prezioso. La realtà deve essere presentata al pubblico con la massima cura, perché, come sosteneva Joseph Pulitzer:

“c’è un solo modo di far camminare una democrazia sulle proprie gambe, in materia di condotta individuale, sociale, municipale, statale, nazionale, e cioè tenendo informato il pubblico su ciò che accade”.

Consigli di lettura


Ho avuto la fortuna di avere tra le mani alcuni libri molto interessanti che hanno ispirato e completato questo post e che mi sento di consigliare a tutti gli appassionati, o anche solamente interessati, al giornalismo:

  • Le citazioni di Joseph Pulitzer sono tratte dalla biografia postuma scritta da uno dei suoi segretari: Alleyne Ireland, “Joseph Pulitzer. L’uomo che ha cambiato il giornalismo”. Il volume venne pubblicato per la prima volta nel 1914, pochi anni dopo la morte del grande giornalista. Oggi è facilmente reperibile in un’edizione del 2017, pubblicata da add editore.
  • Per fare un viaggio nel giornalismo attraverso le storie di grandi firme, dalla intraprendente Edna Buchanan all’ingegnosa Ann Leslie, potete leggere il libro di David Randall, “Tredici giornalisti quasi perfetti”, pubblicato in Italia da Laterza nel 2007.
  • Se volete approfondire il tema dei giornalisti “non ufficiali” e conoscere alcune delle storie di chi si è occupato e si occupa di mafia in prima linea, vi consiglio il libro di Claudio Fava, “Comprati e venduti”, 2016, add editore.


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